Paolo Russo, nato a Enna nel 1965, è storico dell’arte presso la Soprintendenza BB. CC. AA. di Enna. Dopo aver conseguito il diploma in pittura presso l’Accademia delle Belle Arti di Frosinone (1987), ha studiato Storia dell’Arte a Roma con Orietta Rossi Pinelli e Marisa Dalai Emiliani all’Università degli Studi “La Sapienza”, dove si è laureato (1994) e specializzato (1998) in Storia dell’Arte Medievale e Moderna; ha quindi conseguito il dottorato di ricerca in Storia dell’Arte Medievale Moderna e Contemporanea in Sicilia presso l’Università degli studi di Palermo, sotto la guida di Teresa Pugliatti (2001-2005). È stato docente a contratto di Storia dell’Arte Medievale e Moderna presso l’Università “Kore” di Enna. Autore di numerosi contributi sulla pittura e sulla scultura in Sicilia in età moderna, ha pubblicato, tra gli altri, una monografia su Filippo Paladini e la cultura figurativa nella Sicilia centro-meridionale tra Cinque e Seicento (Caltanissetta 2007); un volume “La scultura in legno del Rinascimento in Sicilia” (Palermo 2009), ed uno studio sulla Scultura in legno nella Sicilia centro-meridionale. Secoli XIV-XIX (Messina-Roma 2009)
I libri di Paolo
In virtù dei decreti delega del Presidente della Repubblica, con i quali nel 1975 si dava attuazione allo Statuto autonomistico della Regione Siciliana, la Sicilia dispone di esclusiva in materia di tutela dei beni culturali presenti nel territorio regionale. Muovendo dalla stringente attualità, il libro si propone di ricostruire storicamente nascita e declino dello speciale sistema di tutela e valorizzazione del patrimonio colturale istituito nell’isola con l’approvazione delle leggi regionali n. 80/1977 e n. 116/1980. Di questa lunga storia, la cui narrazione per necessità procede attraverso la selezione di significativi, si evidenziano prospettive e limiti, le grandi aspettative e le profonde delusioni: l’Utopia del progetto istituzionale e l’Impostura nella sua attuazione. Della prima si rievocano le peculiari radici storiche, si rintracciano gli apporti, anche individuali, segnalando gli aspetti ritenuti più innovativi in una proiezione nazionale. Della seconda si prova a ricercare le cause, a disvelare i processi degenerati, anche quelli meno conosciuti, e conseguentemente a suggerire le responsabilità. Il filo rosso che attraversa la narrazione è lo stretto legame tra politica e cultura, il suo evolversi come innovativo progetto di una “politica dei beni culturali” e la sua progressiva dissoluzione, sancita in ultimo dall’imperio del ceto politico a detrimento della autonomia delle competenze scientifiche. Ne scaturisce un affresco vivace e singolare, che suona anche come un monito, un allarme per tutti coloro i quali hanno a cuore le sorti del patrimonio culturale della Nazione.